Diritto di accesso agli atti, legittimazione attiva e diniego per motivi di sicurezza
<<Su Norme e Tributi del Sole 24 Ore del 22/06/22 un articolo del presidente di Appc di commento ad una sentenza del Tar della Lombardia.
Aveva già in precedenza scritto commenti a sentenze sul diritto di accesso agli atti amministrativi.
La sentenza che si commenta è interessante perché oltre alle altre questioni sulla soggettività del condominio e sulla legittimazione attiva dell’amministratore del condominio e dell’obbligo di comunicazione per le opere, anche se interne alle singole unità immobiliari, indica il limite ai documenti di cui si può ottenere copia.
A fronte del diritto di chiunque a conoscere gli atti depositati presso la pubblica amministrazione opera un limite, non solo riferito alla sicurezza pubblica, ma anche alla privacy e sicurezza privata. >>
Torniamo sul diritto di accesso agli atti di cui all’art. 22 e segg. L. n. 241/1990 e dell’art. 116 c.p.a., in particolare quelli riguardanti opere edilizie.
L’occasione ci è fornita dalla recente sentenza n. 462del 09/05/22 del Tar per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Seconda Sezione).
La sentenza è interessante perché la richiesta di accesso era stata formulata da un condominio in persona del suo amministratore e il giudice esamina vari aspetti connessi che vanno dalla legittimazione attiva del condominio a quella del suo amministratore, ai limiti giuridici all’accesso generalizzato agli atti depositati.
La vicenda nasce dalla presentazione di una comunicazione all’amministratore da parte di un condòmino, nel nostro caso una banca, che dovendo ristrutturare e adeguare gli uffici collocati al piano terra dell’edificio, lo informava di tale intenzione.
Le opere che la banca intendeva effettuare, di cui aveva presentato Cila al comune di San Zeno al Naviglio, non interessavano parti comuni né incidevano sull’aspetto estetico architettonico. Si trattava solo di opere interne al proprio immobile che non toccavano, tra l’altro, elementi strutturali né compromettevano la sicurezza dell’edificio. La comunicazione della banca all’amministratore del condominio era stata effettuata nel rigoroso rispetto del comma 2 dell’art. 1122 c.c.
La norma su richiamata prevede infatti che, al difuori della ipotesi del comma 1 (opere su parti comuni che incidono sul decoro, sulla sicurezza, sulla stabilità), l’unico obbligo che ha il condòmino è quello di una semplice e preventiva comunicazione all’amministratore che <<ne riferisce all’assemblea>>.
Nessun altro obbligo nasce, quindi, da quella infelice formulazione normativa, in capo al condòmino che vuole eseguire delle opere edili. Sta ai condòmini e all’amministratore valutare se sia il caso di ulteriori approfondimenti.
L’amministratore, ricevuta la informazione dalla banca, chiedeva al comune l’accesso agli atti per poter estrarre copia integrale delle autorizzazioni e verificare quanto comunicatogli. Il comune, sentita la banca, frapponeva il rifiuto facendo propria la motivazione della banca in quanto le planimetrie descrivevano la realizzazione di opere e in particolare di un caveau la cui pubblicazione avrebbe potuto comprometterne la sicurezza. La divulgazione di quei documenti, sosteneva la banca, avrebbe potuto rendere possibile il <<perpetrarsi di ipotesi di reato a danno del suo patrimonio, dei dipendenti e dei clienti e, in ogni caso, non erano previste opere su parti condominiali comuni>>.
L’assemblea condominiale, informata del rifiuto, dava mandato all’amministratore di presentare ricorso al Tar. La delibera assembleare di mandato alla lite veniva impugnata dalla banca nei termini previsti dal comma 2 dell’art. 1137 c.c. e veniva avviata la procedura di mediazione obbligatoria.
L’amministratore nonostante l’impugnativa presentava ricorso al Tar. Il giudice amministrativo investito della vertenza affrontava alcune questioni preliminari da cui dipendevano le sorti della decisione. Si tratta di considerazioni giuridiche che meritano di essere richiamate in quanto stimolano una riflessione su aspetti meritevoli di approfondimento.
Il primo punto esaminato dal giudice è quello relativo alle conseguenze, sul processo innanzi al Tar, dell’impugnativa della delibera che dà mandato all’amministratore per la presentazione del ricorso. L’eccezione è superata perché, si precisa nella sentenza, <<sebbene la delibera sia tuttora sub iudice, non è stata dichiarata nulla né è stata inibita la sua efficacia>>. Considerazione questa ineccepibile e rispettosa del comma 3 dell’art. 1137 c.c.: <<L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria>>.
La seconda questione che si affronta è quella relativa alla “soggettività” del condominio e della sua legittimazione ad agire quale soggetto giuridico diverso e autonomo rispetto ai singoli condòmini. Il condominio, evidenzia il giudice, <<non è un quisque de populo, ma un soggetto qualificato rispetto agli immobili che di esso fanno parte, con conseguente diritto di accedere ai titoli edilizi relativi ad interventi effettuati all’interno del Condominio (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 8.10.2018, n. 2231; T.A.R. Toscana, Sez. I, 10.09.2013, n. 1254)>>. Questa osservazione corretta ci invita ad una riflessione sulla soggettività del condominio che spesso, sia in dottrina che in giurisprudenza, viene confusa con la personalità giuridica. La soggettività giuridica intesa quale centro di riferimento di diritti e doveri, di autonomia pur anche limitata (vedasi associazioni e società di persone), non può e non deve essere confusa con la personalità che prevede una completa autonomia patrimoniale.
L’altro aspetto che esamina il Tar è quello della legittimazione attiva dell’amministratore condominiale e conclude <<che in ogni caso l’amministratore ha il potere, anche senza previa autorizzazione assembleare, di agire in giudizio e proporre impugnazioni nell’ambito delle attribuzioni conferitigli dall’art. 1130 c.c. a tutela dell’uso dei beni comuni, posto che l’art. 1131, comma 1 c.c. gli attribuisce sia la rappresentanza sostanziale che quella processuale, talché egli è “legittimato ad agire, senza necessità di autorizzazione dell’assemblea, per conservare l’uso di un bene comune conforme alla sua funzione e originaria destinazione” (Cons. Stato, Sez. IV, 14.01.2016. n. 81)>>.
Sgombrato quindi il campo da queste eccezioni che avrebbero comportato, se accolte, il rigetto della domanda si entra nel merito della stessa. Gli interessi che si contrappongono, su cui trovare un ragionevole equilibrio nel rispetto delle norme, sono quelli del condominio, diretto a conoscere la natura delle opere, e quelli della banca, volti ad evitare l’accesso a documenti la cui divulgazione potrebbe incidere sulla sicurezza.
Il giudice ritiene che il diniego con cui il comune ha impedito totalmente l’accesso agli atti non fosse corretto anche perché non aveva <<effettuato alcuna distinzione tra atti ostensibili ed atti contenenti effettivamente profili riservati relativi alla sicurezza della banca, degli operatori e dei clienti, sicché in tale parte tale atto è illegittimo e dev’essere annullato>>.
Precisa inoltre la sentenza, accogliendo in parte le motivazioni di riservatezza poste dalla banca, che <<l’attività bancaria comporta effettivamente profili di riservatezza riguardanti la dislocazione e le caratteristiche tecniche degli impianti e delle dotazioni di sicurezza, sicché appare ragionevole negare l’accesso alle informazioni, alle tavole progettuali e ai documenti tecnici che riguardino tali aspetti>>.
Conclude infine la sentenza che il condominio può prendere conoscenza solo di quella parte di documenti che eventualmente riguardano i beni comuni dell’edificio o di quelli che possano indicare un utilizzo delle aree comuni.
Se i documenti di cui si chiede l’esibizione contenessero informazioni di natura riservata, anche ai fini della sicurezza, il Comune dovrà provvedere all’oscuramento delle suddette parti. La sentenza compensa le spese tra le parti e <<ordina al Comune di esibire al Condominio, gli atti e gli elaborati grafici della CILA del 10.11.2021 n. 9579, ai sensi e con i limiti di cui in motivazione>>.
Vincenzo Vecchio
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Diritto accesso agli atti (articolo SOLE 24ore)
Sentenza TAR Brescia