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Il catasto

Tutti noi abbiamo a che fare con questa parola anche perché dobbiamo indicare i dati catastali dei nostri immobili per concedere in locazione un immobile, attivare una fornitura di energia (gas, elettricità), pagare la tari, l’Imu, l’Irpef ecc..

E’ un parola che ci perseguita e non ci promette nulla di buono, sempre associata ad oneri burocratici e in previsione di pagamenti.

Il catasto non è altro, detto in termini semplici, che un archivio pubblico in cui vengono conservate le planimetrie dei nostri immobili (terreni e fabbricati) a cui si associa una “rendita” che è la misura, che moltiplicata per un coefficiente, determina il valore dell’immobile su cui pagare le imposte. E’ una componente dolorosa della nostra esistenza.

Serve quindi allo Stato per determinare il patrimonio immobiliare su cui applicare le imposte.
In passato, prima dell’unità italiana, i valori catastali tenevano conto del valore patrimoniale e su questo si applicavano aliquote per determinare quanto dovuto.
Con l’Unità Italiana e con il prevalere delle forze politiche liberali e democratiche si tentò di trasformare una imposta patrimoniale in una sul reddito.

Il tentativo fallì miseramente e ancora oggi il catasto serve a determinare non il reddito del patrimoniale immobiliare ma il suo “finto” valore patrimoniale con differenze territoriali inique.

E’ quindi tempo di metterci mano, ma attenzione, se è vero che non si può conservare l’iniquità esistente occorre evitare di aggravarla e spingere perché venga corretta, perché si passi da una imposizione patrimoniale ad una reddituale in conformità ai principi costituzionali.


Vincenzo Vecchio