Giurisprudenza e approfondimenti

Salva Milano, un de profundis atteso

A Milano, le norme urbanistiche permettevano ciò che in altre città era vietato. Questo ha consentito a costruttori e tecnici di realizzare grattacieli senza pagare adeguati oneri di urbanizzazione e senza costruire opere di mitigazione urbana come marciapiedi, aree verdi e parcheggi.

L’Associazione Piccoli Proprietari Case (APPC) ha sempre criticato questa interpretazione delle norme urbanistiche. Ora emergono gravi ipotesi di reato ed è fondamentale che le indagini in corso non vengano ostacolate.

In un articolo su Norme & Tributi del Sole 24 Ore, il presidente di APPC riassume la preoccupante situazione milanese e propone soluzioni concrete per un piano casa serio.

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La vicenda del Salva Milano si avvia ad una conclusione impietosa, è una proposta di legge frutto della arroganza con cui si è voluto insistere su un provvedimento che manifestava evidenti problematicità in termini di equità, di costituzionalità oltre che di palese violazione della normativa europea.

Il Salva Milano si colloca nell’ambito della speculazione edilizia che ha trasformato in questi anni radicalmente la città anche dal punto di vista sociologico. I costruttori hanno sposato in modo acritico la necessità della salvaguardia del suolo costruendo grandi volumetrie su modesti edifici degradati o dismessi. Lo hanno fatto utilizzando la semplice Scia invece di ricorrere a permessi di costruzione o piani di recupero. Ciò ha determinato, per loro, grandi vantaggi economici in termini di risparmi su oneri di urbanizzazione evitando anche la a esecuzione di opere dirette a ridurre l’impatto urbanistico (viabilità, parcheggi, marciapiedi, verde).

Il tutto spesso mascherato da intenti di protezione e recupero ambientale, un classico esempio green washing. La green economy, prima avversata, si è trasformata in una ideologia a supporto della espansione urbanistica con finalità esclusivamente speculative.

Appc (Associazione Piccoli proprietari Case) abbiamo sul Salva Milano in diverse sedi, in totale solitudine, manifestato osservazioni profondamente critiche. Il Salva Milano, ricordiamolo, è una proposta di legge che il solo nome ne indica la totale incostituzionalità. Perché solo a Milano è stato possibile saltare a piè pari la legge urbanistica devastando il territorio mentre in altre città la interpretazione è stata diversa? Milano è oggi devasta da indagini che coinvolgono l’intero settore urbanistico, non è solo la allegra interpretazione delle norme urbanistiche, ma ora si palesano ipotesi di reati ben più gravi. La magistratura ha operato in modo corretto, moderato e rispettosa della presunzione di innocenza che non può essere confusa con la certezza di innocenza in presenza di indizi evidenti di ipotesi di reato. Le pressioni, ora oggetto di indagine sul mondo politico, sono state persistenti e giustificate con motivazioni economiche e morali dal dovere di salvare Milano e addirittura l’intero paese da danni enormi: se si ferma l’edilizia a Milano crolla l’economia di tutta l’Italia. La chiusura di alcune attività degli uffici urbanistici è stato un elemento significativo e ulteriore di questa pressione. La sentenza del Tar, che non ha accolto il ricorso dei tecnici non è una legittimazione all’atto di sospensione del servizio. Si confonde volutamente la legittimità amministrativa con quella giuridica di natura civile e penale, un atto può essere formalmente corretto dal punto di vista amministrativo, ma costituire una ipotesi di interruzione di servizio pubblico, il reato presuppone elementi diversi da valutare nell’insieme del contesto in cui si è avverato il comportamento.

E’ tempo di aprire il vaso di Pandora dell’urbanistica milanese soprattutto in prossimità della variate ad un PGT a cui ci si appresa a mettere mano. Occorre chiarie se Milano vuole essere una città a misura di cittadini che la vivono ci lavorano o il luogo di transito per élite di benestanti, una città per studenti o una città di affitti brevi per il turismo mordi e fuggi.

Le preoccupazioni che il blocco cantieri faccia perdere gli acconti versati dai promissari acquirenti è un falso problema di contenuto moralistico. Non si tiene conto che per gli immobili acquistati sulla carta e quindi in fase di costruzione vigono norme a tutela inderogabili (fideiussione e polizza postuma decennale). Sentire il sindaco che parla di mele, marce riporta alla memoria il famoso “mariulo” che aprì una stagione devastante per la politica. Non è una mela marcia quella che danneggia Milano, ma è l’albero che la genera.

E’ tempo di una commissione di studio e di indagine sullo sviluppo urbanistico di Milano negli ultimi 10 anni e capire chi ha conseguito super profitti a danno dell’erario e dei cittadini. La corte dei c Conti ha evidenziato possibili danni alle entrate del comune per centinaia di migliaia di euro a seguito della applicazione del rito ambrosiano sulle costruzioni in aree dismesse.

Per il nuovo PGT è necessario aprire un confronto serio con la città, con le associazioni, con solo con quelle dei costruttori e degli immobiliaristi. E’ necessario coinvolgere tutte le forze politiche, il PGT riguarda il futuro delle prossime generazioni e non lo spazio di vita asfittico e precario di una maggioranza passeggera. Sulla riforma della legge urbanistica si avvii da subito in parlamento (dove giace una proposta di legge di rigenerazione urbana) un grande progetto di legge radicale tenendo conto che i testi unici non sono sufficienti a dare certezza al diritto e soprattutto che a livello europeo è stata costituita finalmente una commissione che affronta il problema dell’abitare nell’intero nostro continente. Il “Piano Fanfani” fu il solo piano casa di grande respiro prodotto in Italia, ora si propongono piani insufficienti e rivolti solo alla grande proprietà dimenticando i piccoli proprietari. Si affronti seriamente il problema della inesistenza di immobili in locazione a canoni sopportabili dal ceto medio. Si approvi un nuovo piano che preveda la mobilitazione di risorse europee e risparmi privati modificando la legge sul condominio (art. 1135 c.c. , maggioranze deliberative ecc.) e soprattutto si punti al recupero del patrimonio edilizio esistente evitando il consumo di suolo e tenendo conto dell’andamento demografico.

De profundis per il Salva Milano

La vicenda del “Salva Milano” si conclude con un epilogo inevitabile: l’affossamento di una proposta di legge controversa, frutto di un’ostinata volontà politica che ha ignorato le evidenti criticità in termini di equità, costituzionalità e rispetto delle normative europee.

Il “Salva Milano” si inserisce nel contesto della speculazione edilizia che ha profondamente trasformato Milano, sia a livello urbanistico che sociale. I costruttori, sfruttando la necessità di salvaguardare il suolo, hanno realizzato grandi volumi edilizi su edifici degradati o dismessi, utilizzando la procedura semplificata della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) anziché i permessi di costruzione o i piani di recupero. Ciò ha comportato notevoli vantaggi economici per i costruttori, in termini di risparmio sugli oneri di urbanizzazione e di mancata realizzazione di opere di mitigazione dell’impatto urbanistico (viabilità, parcheggi, verde).

Questa operazione è stata spesso mascherata da intenti di tutela e recupero ambientale, un classico esempio di “greenwashing”. La “green economy”, inizialmente osteggiata, è stata trasformata in un’ideologia a sostegno dell’espansione urbanistica a fini puramente speculativi.

L’Associazione Piccoli Proprietari Case (APPC) ha espresso, in più sedi e in totale solitudine, forti critiche al “Salva Milano”, sottolineandone l’incostituzionalità. La proposta di legge, infatti, prevedeva deroghe alla normativa urbanistica valide solo per Milano, creando una disparità di trattamento rispetto ad altre città.

Le recenti indagini della magistratura, che coinvolgono l’intero settore urbanistico milanese, hanno evidenziato non solo interpretazioni discutibili delle norme, ma anche ipotesi di reati ben più gravi. Le pressioni esercitate sul mondo politico, ora oggetto di indagine, sono state giustificate con motivazioni economiche e morali, come la necessità di “salvare Milano” e l’intero Paese da un presunto crollo economico in caso di blocco dell’edilizia.

La sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) che non ha accolto il ricorso dei tecnici non legittima l’atto di sospensione del servizio degli uffici urbanistici. Si confonde, infatti, la legittimità amministrativa con quella giuridica, di natura civile e penale. Un atto formalmente corretto dal punto di vista amministrativo può comunque costituire un’interruzione di pubblico servizio, un reato che richiede la valutazione di diversi elementi nel contesto complessivo.

È giunto il momento di fare chiarezza sull’urbanistica milanese, soprattutto in vista della prossima revisione del Piano di Governo del Territorio (PGT). Occorre definire se Milano debba essere una città a misura dei suoi cittadini, dei lavoratori e degli studenti, oppure un luogo di transito per élite benestanti e per il turismo mordi e fuggi.

Le preoccupazioni per la perdita degli acconti versati dai promissari acquirenti a causa del blocco dei cantieri sono infondate, poiché gli immobili acquistati sulla carta sono tutelati da garanzie inderogabili (fideiussione e polizza postuma decennale).

Le parole del sindaco, che parla di “mele marce”, richiamano alla memoria un precedente politico negativo. Non è una singola “mela marcia” a danneggiare Milano, ma l’intero sistema che la produce.

È necessaria una commissione di studio e di indagine sullo sviluppo urbanistico di Milano negli ultimi 10 anni, per individuare chi ha tratto indebiti profitti a danno dell’erario e dei cittadini. La Corte dei Conti ha già evidenziato possibili danni alle entrate comunali a seguito dell’applicazione del “rito ambrosiano” sulle costruzioni in aree dismesse.

Per il nuovo PGT, è indispensabile un confronto serio con la città, le associazioni e tutte le forze politiche, non solo con i costruttori e gli immobiliaristi. Il PGT riguarda il futuro delle prossime generazioni e non può essere deciso da una maggioranza temporanea.

È urgente avviare in Parlamento una riforma radicale della legge urbanistica, tenendo conto che a livello europeo è stata recentemente costituita una apposita commissione sul problema della crisi di disponibilità di abitazioni e che verranno rese disponibili ingenti risorse finanziarie. Il “Piano Fanfani” è stato l’unico piano casa di ampio respiro realizzato in Italia; ora si propongono piani insufficienti e rivolti solo alla grande proprietà, dimenticando i piccoli proprietari.

Occorre affrontare seriamente il problema della mancanza di immobili in locazione a canoni accessibili al ceto medio. È necessario un nuovo piano che preveda l’utilizzo di risorse europee e risparmi privati, modificando la legge sul condominio e puntando al recupero del patrimonio edilizio esistente, evitando il consumo di suolo e tenendo conto dell’andamento demografico.

Vincenzo Vecchio Presidente nazionale APPC

LINK: file “il sole 24 ore